Giovedì 28 novembre la presentazione del libro di Francesco Di Palo

La chiesa di Sant’Ignazio a Terlizzi: alla scoperta di un monumento suggestivo della storia religiosa e culturale di Terlizzi e un percorso tra fede arte carità

Lo sviluppo urbano, demografico ed economico della Terlizzi del ‘700 coincide in maniera straordinaria con quella delle sue istituzioni ecclesiastiche e religiose, in quel secolo impegnate a rinnovare edifici di culto e imprimere un volto nuovo ad una città reputata tra le più popolose e importanti dell’intera regione. Sotto l’aspetto urbanistico e simbolico la distruzione e ricostruzione della Cattedrale, coincidente con il riconoscimento della diocesi, costituisce l’episodio più emblematico e importante.

Accanto si pone l’attivismo delle confraternite impegnate a conquistare spazi di protagonismo devoto e insieme assicurare sostegno materiale, spirituale e culturale agli associati e alla comunità cittadina in senso lato.

E’ in un vivace contesto missionario e di riconquista delle plebi rurali ad un cristianesimo più in linea con i dettami della Chiesa uscita da Trento, che nasce, a Terlizzi, la congregazione mariana della Presentazione di Maria al Tempio e S. Ignazio destinata a segnare la storia religiosa, civile e culturale della città levantina sino ai nostri giorni.

A fondare la congregazione, e poi confraternita, nel 1715, fu il padre gesuita del Collegio di Bari Domenico Bruno (1665-1730) instancabile missionario e ispiratore di decine di sodalizi destinati a raccogliere, evangelizzare e formare soprattutto i “foresi” – giornalieri di campagna o braccianti come diremmo oggi – particolarmente bisognosi, per la loro ignoranza, di attenzioni pastorali. La povertà degli associati non impedì alla confraternita di intraprendere ambiziose iniziative come la costruzione della chiesa con annesso oratorio, che divenne punto di riferimento essenziale per il quartiere di nuova espansione, al di fuori delle antiche mura urbiche, detto appunto “quartiere di Sant’Ignazio”.

Cosa assai interessante e originale, anzi unica nel contesto confraternale, la fondazione di una “scuola di umanità”, destinata alla formazione culturale e spirituale delle plebi analfabete.

Ruolo affatto marginale ebbe la figura, ad oggi ancora non sufficientemente indagata, del padre cantore Francesco Paolo Confreda, morto in concetto di santità, che legò gran parte dei suoi beni alla nascente confraternita e alle opere di carità da essa promosse.

La chiesa attuale, quella ricostruita dalle fondamenta a fine Ottocento su progetto dell’architetto Francesco Scolamacchia, conserva opere d’arte di notevole interesse tra cui la pala dell’altare maggiore, ispirata a un’opera del Tintoretto, forse dipinta dal pittore terlizzese Gioacchino Quercia. Di notevole interesse alcune sculture: quella di san Gioacchino dell’andriese Francesco Paolo Antolino, e le statue di san Raffaelle e dell’Addolorata di Giuseppe Volpe, scultore anch’egli terlizzese di cui è in corso la redazione del primo catalogo.

In addenda al volume un significativo contributo alla conoscenza degli argenti liturgici e del cosiddetto “tesoretto” di Sant’Ignazio, che annovera, tra l’altro, il pregevole ostensorio raggiato di argentiere napoletano della metà del Settecento.

Di tutto questo si parlerà giovedì 28 novembre, nella chiesa di Sant’Ignazio, nel corso della presentazione del volume di Francesco Di Palo AD MAIOREM DEI GLORIA. San’Ignazio a Terlizzi: la confraternita, la chiesa, le opere d’arte. Relatore il prof. Michele de Palma. Presenzierà il vescovo mons. Luigi Martella. Il volume intende ricordare la figura di mons. Gaetano Valente, recentemente scomparso, per tanti lustri rettore e padre spirituale in Sant’Ignazio, autore di sapide pagine sulla storia e la civiltà terlizzese.

Così il vescovo mons. Martella nell’introduzione al volume: “Preme sottolineare che scorrendo le pagine del volume, ci si accorge che non si è di fronte ad una rassegna, sia pur diligente, di notizie e di curiosità storiche, bensì in un percorso palpitante di vita, di esperienza religiosa che, nella successione generazionale, attraverso la sensibilità delle varie epoche, si caratterizza come “storia di salvezza”. Emerge sempre un duplice filone nelle testimonianze a sfondo religioso: l’amore del popolo verso Dio e l’attenzione al prossimo. L’autore di questo libro, opportunamente, richiama tutto ciò nel titolo, Ad maiorem Dei gloriam, dove si evoca il  compito che tutto si debba fare per la maggior gloria di Dio. Nello stesso tempo, però, dobbiamo ricordare che, gloria Dei vivens homo, la gloria di Dio è l’uomo vivente, così come ci insegna sant’Ireneo”.

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